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17 Dicembre 2018
Il Welfare aziendale per non essere solo una moda momentanea
By Fabio Galluccio, Jointly srl
Fino ad alcuni anni fa, pochi parlavano di welfare aziendale: esistevano le politiche sociali , i circoli ricreativi , gli asili nidi aziendali, i soggiorni estivi per i figli, borse di studio, palestre in sedi aziendali, ecc., in organizzazioni dove orario flessibile, part-time, telelavoro entravano nel linguaggio delle risorse umane. Alcune realtà più piccole con imprenditori illuminati hanno utilizzato filosofie umanistiche e di vicinanza al proprio personale. Cito solo come esempio Brunello Cucinelli e Loccioni, ma nel panorama italiano ci sono altre buone pratiche.
Certo dopo la grande e forse irrepetibile esperienza di Adriano Olivetti (di cui solo da poco se ne riconosce il grande valore) e l’ostilità nei suoi confronti del mondo imprenditoriale e sindacale, le aziende si erano rinchiuse in modelli meno innovativi e sociali.
Le ultime leggi di stabilità (2016, 2017 e 2018 ), rivoluzionano il quadro normativo e fiscale, ma anche il modello di relazioni industriali, molto più co-partecipativo, allargando il panorama della defiscalizzazione e decontribuzione a diverse aree, ricomprendendo tutto il mondo della non autosufficienza e della mobilità pubblica e definendo che i premi di produttività potevano essere convertiti in beni e servizi di welfare in accordo con i sindacati, così come le stesse politiche di welfare.
Tutto questo ha fatto sì che il welfare cosiddetto aziendale abbia avuto una forte spinta , spesso più sull’onda del risparmio economico che di un effettivo ripensamento della organizzazione , della conciliazione vita privata-vita lavorativa, attenzione alle diversità, motivazione del personale, empowerment, benessere, ……
Seppure in letteratura e nella formazione questi temi siano ormai affrontati da più punti di vista e sono diventate parole d’ordine nei rispettivi linguaggi, nelle quotidianità il raggiungimento di obiettivi spesso stringenti le fanno dimenticare, senza pensare che questi principi diventano fondamentali per le performances che ogni realtà si è prefissata.
Il welfare, diventa, allora sì, in quelle organizzazioni che si sono date una strategia complessiva che punta allo “star bene in azienda” e al “benessere”, una leva fondamentale per l’engagement e per il business.
Il welfare così inteso è generativo in due direzioni : verso le persone, che credono maggiormente nell’azienda in cui lavorano migliorando le relazioni e la voglia di fare e di essere nelle organizzazioni e verso il territorio aumentando i servizi e l’occupazione ( asili, cooperative sociali, società di formazione ….), favorendo il welfare di comunità, aggregando, laddove possibile, anche piccole e medie imprese e dando un sostegno non banale al welfare state.
In questa direzione il welfare aziendale non diventa più una allocuzione alla moda, ma un effettivo contributo al cambiamento organizzativo delle aziende e ad una società più attenta alle esigenze dei propri cittadini.
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