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13 Settembre 2024
La trappola del Leader Carismatico
By Camillo Sperzagni business partner A.Q.A Network
Molte evidenze attestano che i leader carismatici sono un grosso elemento di rischio e un fattore di inefficienza per le organizzazioni. Eppure ancora oggi si tende a inquadrare questa tipologia come un indizio di talento.
Chi guida un team o un’azienda è un capo o un leader? Ancora oggi si fa fatica a distinguere nettamente tra questi due ruoli. I termini capo e leader, usati in senso lato, sono sinonimi; eppure le differenze ci sono, e piuttosto nette. Anzitutto basta considerare la fonte dell’autorità.
- leadership, in cui un leader guida dei seguaci in virtù dell’autorità che gli stessi gli hanno conferito.
- headship, in cui un capo guida dei subordinati in virtù dell’autorità che ha ricevuto da una fonte esterna, come ad esempio un’autorità superiore.
Dunque il Capo, ovvero il Team Manager, si presenta con un’autorità già conferitagli, che i collaboratori devono semplicemente riconoscere; il Leader – cioè il vero Team Leader- sarebbe invece un’espressione del gruppo, che ha scelto di riconoscerlo. In entrambi i casi alla fine c’è riconoscimento, ma di qualità e conseguenze alquanto differenti. In azienda, quanto tutto va bene, può accadere che al team manager (inviato dalla direzione) venga poi accreditato dal team anche il ruolo di leader; ma chiaramente non è la regola, visto che oggi nel mondo solo un 26% di collaboratori si dichiara soddisfatto dei propri capi.
Riconsiderare i criteri con cui vengono scelti i futuri leader
Il guaio nasce proprio dai presupposti della cultura maschilista e gerarchica che anche oggi circola nelle organizzazioni. Questa mentalità infatti predispone chi ha potere di scelta sulle carriere a cadere nella trappola del Carisma personale.
Ovvero, del fascino fatale di un individuo (di solito maschio) che:
- Prima di tutto crede fermamente in ciò che propone e agli obiettivi che vuole raggiungere.
- E’ un pioniere che si butta nel suo intuito strategico per andare dritto verso l’obiettivo desiderato
Ecco cosa dice al proposito Tomas Chamorro-Premuzic ,
professore di Business Psychology presso London University College e Columbia University, Chief Talent Scientist di Manpower Group :
“Quando gli uomini vengono selezionati per occupare posizione di vertice, gli stessi aspetti che consentirebbero di predire il loro fallimento sono comunemente scambiati per indicatori di potenziale o di talento per la leadership e, come tali, persino esaltati. Ad esempio, caratteristiche come l’eccessiva fiducia in sé stessi e il narcisismo dovrebbero essere interpretate come segnali di pericolo. Invece, ci spingono a dire: “Ah, che tipo carismatico! Ha la stoffa del leader.”
In sintesi, i nostri sistemi di selezione esaltano “le caratteristiche del maschio alfa e cioè il protagonismo rispetto all’umiltà, l’estroversione rispetto alla sobrietà, la voce grossa rispetto all’understatement, l’azzardo rispetto alla saggezza“.
Il problema? Queste caratteristiche, se sono utili a imporsi come capobranco, sono del tutto inadatte per guidare un paese, un’impresa o una comunità di persone.
La vera faccia del carisma
Lo psicologo Heinz Kohut (1976) descrive i leader carismatici come persone che si sono profondamente identificate con il loro sé grandioso o super ego idealizzato. Ciò si traduce in una dogmatica sicurezza di sé e mancanza di empatia.
“Questi soggetti pare abbiano sofferto, durante l’infanzia, a causa della mancanza o la poca prevedibilità delle risposte empatiche delle figure d’accudimento e
tutto ciò li ha poi resi estremamente empatici verso sé stessi e i loro personali bisogni, pronti ad utilizzare gli altri per soddisfarli.“
In poche parole, questa tipologia di persona tende a porre il proprio benessere e i propri obiettivi davanti a quelli del gruppo.
E questa è una sciagura organizzativa, perché un vero leader presta attenzione prima agli interessi dell’organizzazione che ai propri, si mette a disposizione degli altri. E un suo tipico comportamento (facilmente riconoscibile nel suo CV) è il fatto di saltare con disinvoltura da un’azienda all’altra: non è un segno di maggiore esperienza o valore di mercato, ma semplicemente di un Ego ipertrofico.
Cercare nuovi modelli di leadership
Modelli alternativi di leadership non è che manchino. Agli antipodi del narcisista c’è il concetto di servant leadership nasce con Robert K.Greenleaf(1970).
Per Greenleaf il leader- servitore “è prima un inserviente. Nasce con la tendenza naturale di una persona che vuole servire, servire prima. “ Ma se volete qualcosa di più frizzante, ci sono ad esempio la Leadership transazionale (E.Hollander), la Leadership situazionale (P.Hersey, K.Blanchard), la Leadership generativa (R.Dilts), Leadership trasformazionale (J.V.Downton), la Wise Leadership (Kessler Eric.H).
Ma qualunque sia il modello di leadership al quale volete ispirarvi, ecco alcune strategie operative che un team manager dovrebbe tenere sempre in considerazione:
1.Praticare “l’arte delle 3 Fiducie”: avere Fiducia in se stesso, sapere ispirare Fiducia, Saper dare Fiducia .
2.Contrastare fenomeni di eccessiva polarizzazione dei ruoli rispettivi, che potrebbe far scadere la qualità del gruppo: in sostanza concedersi ogni tanto comportamenti da “non-capo”: chiedere consigli, prestare servizi, riconoscere propri errori…
3.Aver sempre presente che l’aspettativa più o meno implicita del gruppo è quella di sentirsi valorizzato dall’azione del leader, che quindi deve impegnarsi su riconoscimenti, motivazione, considerazione delle idee altrui.
4.Come conseguenza dei primi tre punti, il team manager dovrebbe aver presente che mentre da un lato presidia la qualità del lavoro di gruppo e il rispetto dei tempi, dall’altro dovrebbe tendere con la sua azione a massimizzare non tanto la performance, quanto lo sviluppo delle potenzialità del team.
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