C’è ancora tempo

  • 12 Giugno 2024

    C’è ancora tempo

    By Aldo Marchi, parte del Progetto A.Q.A Network, Young Minds at Work

    Un vecchio pendolo con il suo ticchettio ci fa compagnia nel salotto della casa dei nonni, ma noi bambini non ne siamo infastiditi, anzi, è un fedele compagno di giochi, di merende e pomeriggi trascorsi tra il divano e il giardino. Sento ancora il profumo del legno e il calore dei raggi del sole estivo che entrando dalla veranda si posano sul mio volto.

    Quanti rintocchi, minuti, ore e anni trascorsi. Quante cose sono cambiate da quel tempo, eppure il vecchio orologio a pendolo è ancora là nella sala con i suoi rintocchi, tra la veranda e il giardino, dal quale proviene un leggero profumo di gelsomino, sempre lo stesso.

    Mi avvicino al vetro dell’orologio e specchiandomi mi accorgo che per me il tempo è trascorso e cambiato.

    Ora intravedo un uomo carico di doveri, responsabilità e ansie. Poi la mia attenzione ricade sulla scritta sopra il quadrante, recita: “Tempus Fugit”, il tempo fugge, eh si, sorridendo penso, è proprio così.

    Infatti, a volte mi pare di non controllare il tempo che ho, lui va avanti da solo e a me resta il dovere di rincorrerlo per riuscire a prenderlo. Ma non riuscirò mai, ora ne sono consapevole, come la mia immagine riflessa nel vetro dell’orologio, mutata negli anni, ed io l’ho guardata solo dopo aver raggiunto questo tempo. Scommetto che anche voi non siete riusciti a raggiungere il tempo che vi è sfuggito.

    In questa mia breve narrazione sul tempo emergono alcuni importanti aspetti, sui quali vorrei farvi riflettere.

    Un tempo passato, legato all’infanzia, ai ricordi e poi un tempo futuro, legato agli impegni, ai doveri e alle ansie, per ciò che temiamo e spesso proprio il timore di non avere tempo a sufficienza caratterizza le nostre giornate. Una sensazione comune, provata da tante persone e probabilmente anche da voi che state leggendo, perché il tempo si presenta e poi fugge, lui non aspetta.

    Gli antichi greci chiamavano questo tempo Krònos, il tempo cronologico, che scorre, un tempo quantitativo.

    Attorno a Krònos i greci vi avevano elaborato un mito. Kronòs era un Titano, dodicesimo figlio di Gea, la terra, e di Urano, il cielo stellante.

    Il padre Urano però non volle far sopravvivere i suoi figli generati con Gea. La ragione di questo rifiuto, risiederebbe secondo alcuni autori nella loro “mostruosità”.

    Gea, in seguito, fece costruire una falce dentata e poi invitò i figli a disfarsi del padre che li costringeva nel suo ventre. Solamente l’ultimo dei Titani, Krònos, rispose all’appello della madre:

    appena Urano cercò di stendersi nuovamente sulla consorte, Krònos, nascosto, lo evirò.

    Da quel momento ebbe inizio il dominio di Krònos, che unendosi a Rea generò cinque figli.

    Il neopadre però, avvertito dai genitori Gea e Urano che uno dei suoi discendenti lo avrebbe spodestato, non volle cedere il proprio potere regale e si affrettò a divorare tutti e cinque i suoi figli.

    Attorno al mito di Krònos vediamo come vi siano scenari famigliari abbastanza cruenti, che metaforicamente richiamano ad un tempo dominatore e fagocitante, così come oggi si presenta a noi comuni mortali il tempo cronologico.

    Ma ci sarebbe di più, l’individuo della società liquida moderna, pressato dai doveri, dagli impegni, dal raggiungere risultati, è come un corridore che rincorre questo tempo divoratore, come un serpente che si morde la coda, in un ciclo di corsa infinita.

    Ecco allora quella famosa frase “Tempus Fugit” che in me ha risuonato per anni come uno stimolo a correre, perché Krònos non aspetta, bensì si nutre delle nostre energie, delle nostre vite.

    Raggiungiamo un obiettivo e subito dopo siamo pronti per ripartire verso il prossimo.

    Noi corridori legati al tempo passato e orientati a quello futuro.

    La dimensione cronologica ci è stata culturalmente trasmessa sin da quando siamo venuti al mondo ed è la dimensione nella quale abitualmente facciamo esperienze, affrontando la nostra vita.

    Ma allora, se il tempo in cui viviamo ci scorre via, dominatore incontrastato, la domanda che mi verrebbe da pormi è: C’è ancora tempo? C’è ancora tempo per ognuno di noi?

    La risposta a questa domanda non è stata semplice per me trovarla. O meglio, al tempo giusto, lei ha trovato me.

    In questa corsa quotidiana caratterizzata da ansie e timori, un giorno mi sono fermato, e non ho più voluto correre in quel modo, se non per il vero gusto di correre.

    Come ho fatto?

    La vita ci richiede di correre, di rispettare determinate scadenze, di agire al momento opportuno e questa è una costante inevitabile, è indubbiamente parte del nostro mondo. Però, il come corriamo, non ci viene insegnato, e neppure il come viviamo il tempo che abbiamo a disposizione.

    Se partiamo dal presupposto che il tempo che possediamo è nostro, è vero lui corre, ma noi abbiamo il diritto di dargli un valore, saperlo gestire al meglio al fine di portare equilibrio e migliorare la qualità della nostra vita.

    Quindi, alla domanda, se c’è ancora tempo per ognuno di noi, la risposta è affermativa, ma solamente se riusciamo ad equilibrare il tempo quantitativo con l’altra dimensione temporale, quella qualitativa.

    I greci in antichità chiamavano questo tempo con il nome Kairòs.

    Mentre Krònos era considerato la divinità del tempo per eccellenza, supremo, che va al di là degli esseri umani e del loro libero arbitrio; Kairòs era invece semisconosciuto e tutt’oggi è ancora così.

    Un tempo opportuno, favorevole, che deve essere afferrato. In effetti nell’antica Grecia Kairòs era rappresentato come una figura fuggente, perché anche il tempo qualitativo è fuggente, ma lui aveva un folto ciuffo di capelli sulla fronte. Un ciuffo che doveva essere prontamente afferrato per cogliere l’occasione, il momento propizio.

    Un concetto simile lo si può trovare nel famoso motto latino “Carpe Diem”.

    Kairòs, traducibile con “tempo cairologico”, è una parola che nell’antica Grecia significava “momento giusto o opportuno” o “momento supremo”, “un tempo nel mezzo”, un periodo di tempo indeterminato nel quale “qualcosa” di speciale accade.

    Questo qualcosa può essere un evento piacevole, ma anche spiacevole, come la venuta di un periodo di crisi.

    Però è necessario sapere che una crisi può anche preparare alla possibilità di costruire qualcosa di nuovo, da qualcosa di vecchio; è opportunità creativa.

    In poche parole, come quello che è successo a me, quando mi sono accorto che la continua corsa frenetica quotidiana mi stava togliendo energie importanti, importanti per me, per la mia famiglia e per la mia professione.

    Questa esperienza mi ha aperto gli occhi e reso comprensibile il fatto che, noi comuni mortali, non potremo mai controllare il tempo cronologico/quantitativo se non diamo il giusto valore al nostro tempo e per di più se ne diventiamo dipendenti.

    Possiamo invece gestirlo se ne siamo partecipi attivamente e consapevolmente lasciamo che lui ci preceda osservando il nostro procedere istante dopo istante, in modo tale da orientare le nostre azioni per poterci migliorare e raggiungere così i nostri obiettivi.

    Lo psichiatra Daniel Stern scrive: “nel mondo del Kronos, l’istante presente è un punto che si muove nel tempo in un’unica direzione, nel futuro. Procede in linea retta, in circolo o a spirale, ma in ogni caso si muove incessantemente. E mentre avanza, divora il futuro e lascia dietro di sé il passato. Ma l’istante presente in sé, qualitativamente parlando, è estremamente breve: una quantità quasi infinitesimale di tempo, durante la quale assai poco può accadere, prima che diventi immediatamente passato.

    Risulta fondamentale una maggior e approfondita conoscenza della dimensione temporale cairologica che può caratterizzare il nostro tempo, al fine di considerare i momenti vissuti e gli eventi come occasioni ed opportunità per sé stessi; perché per ognuno di noi c’è sempre ancora tempo nella crescita e/o nel cambiamento personale.

    “Nel primo mattino ci sono un’ora e un punto preciso dove s’incontrano la malinconia della notte e l’abbagliante mattino, lo stupore dei sogni appena conclusi e il risveglio della mente al mondo. Quel momento propizio e irripetibile è il Kairòs: il pensiero si unisce alla vita, i sentimenti si fanno visione. Nella gracile pienezza dell’istante balena l’irraggiungibile vaghezza dell’eterno.” 

    (Marcello Veneziani)

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