-
21 Aprile 2020
Smart working: questione di strumenti digitali o di modello condiviso?
By Alessandro De Chellis, Professional Advisor A.Q.A. Network
Lo Smart Working è una pratica che sta prendendo sempre più campo soprattutto nelle aziende e società che svolgono mansioni di ingegno ( aka knowledge works) e lavorano in quegli ambiti lavorativi (consulenza, design, grafica, progettazione e sviluppo software etc.) nei quali ci si serve prevalentemente del proprio cervello – aiutandosi ovviamente con strumenti digitali e software – e che non prevedono l’utilizzo regolare di strumentazioni fisiche vere e proprie, né l’obbligo di incontrarsi fisicamente tra colleghi/collaboratori.
Anche gli osservatori della PoliMi Management School si sono pronunciati in merito alla questione dello smart working, definendo questa pratica una vera e propria filosofia manageriale innovativa, volta a rendere i lavoratori più flessibili e autonomi nella scelta degli orari, degli spazi e degli strumenti di lavoro, perché si responsabilizzino e si sentano spronati a perseguire ed ottenere risultati sempre migliori.
Sulla base di questi principi il concetto di smart working sta invertendo totalmente la rotta, spostando l’attenzione dal valore che le aziende producono e vendono attraverso il lavoro, al valore che questo nuovo modo di lavorare porta alle aziende. Questo cambio di paradigma è sicuramente molto difficile da accettare nel mondo del lavoro attuale, sicuramente in evoluzione ma ancora profondamente legato ai contratti lavorativi e al modus operandi derivati dallo sviluppo industriale del dopoguerra, perciò incapace di staccarsi definitivamente dall’idea di produttività come di un valore legato alla quantità del lavoro svolto e di ragionare in termini di knowledge working, secondo cui è importante stimolare qualitativamente e continuamente i lavoratori e permettere loro di formarsi ed aggiornarsi continuamente per aumentare la produttività personale e la libertà d’azione.
Inoltre, questa nuova metodologia di lavoro facilita l’integrazione ed il coinvolgimento delle persone in azienda, rafforza il coinvolgimento e i rapporti interpersonali, aiuta a comprendere le problematiche e i campanelli di allarme che potrebbero creare attriti interni e/o favorire l’abbandono del posto di lavoro e premia i comportamenti meritevoli dei lavoratori oltre a quelli positivi dal punto di vista meramente operativo.
Già da queste premesse appare perciò ovvio che, per promuovere ed implementare una metodologia lavorativa smart, è innanzitutto necessario un cambiamento radicale e condiviso nel modo di intendere e valutare la prestazione lavorativa, passando dall’importanza del lavoro in presenza e del controllo da parte dei superiori, ad una valutazione per obiettivi e all’introduzione di meccanismi di delega che favoriscano la responsabilizzazione e la crescita personale dei singoli.
A partire da ciò, poiché il fine dello smart working è rendere i singoli lavoratori sempre più capaci di definire autonomamente i processi, le tecnologie, i giusti tempi e luoghi per portare a termine determinate attività nei modi più efficienti ed efficaci, anche l’utilizzo di strumenti di lavoro digitali coadiuva queste pratiche. Ovviamente, al fine di abbracciare questa modalità di lavoro nel migliore dei modi, la scelta degli strumenti da usare deve basarsi sul contesto lavorativo di riferimento.
Da una parte ci sono dunque dei vincoli espliciti all’applicazione dello smart working dati dalla tipologia del lavoro, dagli investimenti da fare sia per la tecnologia, che per gli spazi, che per la formazione delle persone; dall’altra però ci si può scontrare con la volontà dei singoli di avere un rapporto diretto con i propri collaboratori, di non dover rendere obbligatoriamente partecipi le persone del proprio operato o anche di preferire un lavoro meno responsabilizzante; fondamentalmente di non voler cambiare. Inoltre, bisogna mettere in conto che decisioni di questo tipo impattano rilevantemente sia sui costi di gestione che su quelli operativi dell’azienda, specialmente nel caso in cui i dipendenti debbano frequentemente passare da un progetto ad un altro rivedendo spesso l’intero processo lavorativo ed usando strumenti, metodologie e processi diversi.
La flessibilità delle tecnologie, degli strumenti e conseguentemente dell’efficienza, permette a tutti gli ideators di lavorare dove e come vogliono, con la consapevolezza che questa libertà di scelta non impatta con la quotidianità e qualità del loro operato. Questo perché non è la co – locazione delle persone ad essere vantaggiosa, né si devono per forza usare determinati strumenti. È però importante individuare più strumenti da usare in situazioni diverse, specialmente per poter comunicare internamente sia in tempo reale, che asincronicamente o offline.
Un principio importante da tenere in considerazione nella scelta degli strumenti digitali è quello del cosiddetto “remote first” , secondo il quale un programma/dispositivo deve essere utilizzabile online prima che in co-presenza, oltre che dal maggior numero di apparecchi possibili tra tutti quelli usati dalle aziende.
In conclusione:
– Non tutte le aziende possono abbracciare e applicare efficientemente ed efficacemente lo smart working;– Non si può né deve dire che esista un metodo perfetto di smart working; ogni azienda può infatti scegliere un insieme di buone pratiche da attuare, mappare e migliorare durante i propri processi lavorativi;
– Lo smart working presuppone un cambiamento nel modo di lavorare, per cui sono i risultati ad essere valutati, indipendentemente da come e dove si lavora, comprendendo e sviluppando il talento di ognuno;
– Gli strumenti digitali che favoriscono lo smart working devono essere sempre più personali – “Use your owned device” – e devono favorire la cosiddetta business continuity, ovvero far sì che il dipendente sia sempre collegato all’azienda, ai colleghi e possa – da qualsiasi luogo e in qualsiasi momento – collegarsi e lavorare, avendo a disposizione tutti i dati di cui ha bisogno.
I consulenti di A.Q.A. network, da sempre vicini alle imprese proiettate all’innovazione, possono agevolare la messa a regime di una modalità di lavoro conosciuta da molte imprese, quale risposta alla pandemia, che potrà costituire fattore di incrementare della produttività e di facilitazione per le risorse umane.
Leave a comment
Comments(0)