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20 Luglio 2020
Ripensare il lavoro: obiettivo parità. Un indice di inclusione fra gli strumenti, proposti incentivi e sgravi per le aziende che le adotteranno
By Alessia Tuselli , Business Partner A.Q.A. Network
In questi mesi, da prospettive diverse, abbiamo osservato differenti settori lavorativi e altrettanti ambiti della vita quotidiana, toccati, cambiati, modificati dall’ emergenza sanitaria. Comprendere i cambiamenti, gli impatti sulle persone, per porre in essere politiche, strategie, visioni atte a ripensare gli spazi che abitiamo: lavoro, casa, relazioni, solo per citarne alcuni.
Proprio il lavoro è al centro del dibattito pubblico: diverse sono le equipè di esperti ed esperte che stanno lavorando su azioni e strumenti per progettare il domani.
Il gruppo di professioniste (imprenditrici, docenti universitarie, scienziate) voluto della ministra per le pari opportunità Elena Bonetti ha proposto una certificazione che attesti l’impegno dell’azienda nel garantire la parità di genere: l’indice di inclusione. «Uno strumento semplice, veloce, snello», per misurare «la situazione interna del personale nelle organizzazioni sulle diverse dimensioni (che compongono l’indice- nda)» suggerisce il documento elaborato dall’equipè.
L’indice è composto da diverse dimensioni e sarà utile a capire se l’azienda assume parimenti donne e uomini, se ha un’attenzione alla parità nelle retribuzioni e se al suo interno le possibilità di carriera sono le stesse per donne e uomini. La ministra Bonetti spiega come la trasparenza sulle pari opportunità in azienda sia una necessità: «non fa bene soltanto alle donne, ma alle strutture in cui lavorano, perché significa che le risorse sono valorizzate meglio».
Un cambiamento necessario e non più procrastinabile: nel 2018 il tasso di occupazione femminile in Italia (15-64 anni) è stato del 49.5%, 67,6% quello maschile. Importati anche i numeri che fanno riferimento agli altri gender gap: le donne guadagnano in media il 10% in meno, difficilmente riescono a raggiungere posizioni apicali (27% del totale dei manager) e anche a parità di mansione non guadagnato quanto i colleghi (differenza di reddito pari a circa il 23%). E poi c’è la questione della genitorialità, la maternità è guardata con preoccupazione dalle aziende: secondo l’Istat una donna su tre lascia il lavoro alla nascita del primo figlio. Tutte dimensioni, queste, che non possono essere ricondotte alla responsabilità individuale: gli studi, a partire dai dati, ci dicono chiaramente che bisogna intervenire sullo spazio lavorativo per riequilibrare una situazione che crea svantaggio per l’intera economia.
L’indice di inclusione non è di certo risolutivo, le raccomandazioni sono chiare all’interno della proposta: educazione, formazione, strumenti e iniziative per promuovere l’indipendenza finanziaria di donne e ragazze. Conclude la ministra: «l’idea è di introdurre incentivi finanziari per le imprese che adotteranno l’indice di inclusione, come la defiscalizzazione delle spese di formazione. Deve passare l’idea che i soldi investiti per la promozione della parità di genere portano vantaggi alle imprese».
Ormai è chiaro come le sfide globali si affrontano con organizzazioni inclusive e capaci di promuovere e consolidare l’inclusione: l’esperienza dei consulenti A.Q.A. Network testimonia come la crescita dalle nostre organizzazioni non possa prescindere dalla valorizzazione delle persone ed in primo nella parità di genere.
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