Molestie e violenza sessuale nel mondo del lavoro: il grido (silenzioso) di oltre 2 milioni di lavoratrici e lavoratori in Italia che richiedono tutela

  • 6 Novembre 2024

    Molestie e violenza sessuale nel mondo del lavoro: il grido (silenzioso) di oltre 2 milioni di lavoratrici e lavoratori in Italia che richiedono tutela

    By Avv.Matteo Pegoraro (Foro di Firenze), Business Partner A.Q.A Network

    Quando si parla di violenza di genere, purtroppo, non basta riferirsi solo alla sopraffazione fisica, ai maltrattamenti, alle aggressioni fisiche e sessuali e ai femminicidi. Esiste infatti una forma di violenza ancora più subdola e meschina, che non lascia segni visibili sul corpo e che non sempre si consuma tra le mura domestiche o in un vicolo al buio.

    Ancora oggi se ne fatica a parlare, ma il dato sconcertante è che le molestie e le violenze sul luogo di lavoro sono molto più diffuse di quel che si pensi: secondo l’indagine Istat 2022-2023, si stima infatti che circa 2 milioni 322mila persone, tra i 15 e i 70 anni, abbiano subito almeno una molestia sul lavoro nel corso della propria vita. Di queste, e il dato deve inevitabilmente far riflettere, ben l’81,6% è formato donne, pari a 1 milione 895mila.

    La gravità e la diffusione del fenomeno emergono dalla Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) n. 190/2019, che si prefigge di eliminare la violenza e le molestie nel mondo del lavoro, promuovendo una politica di “tolleranza zero” e sancendo l’importanza di una cultura del lavoro basata sul rispetto reciproco e sulla dignità dell’essere umano.

    Ma che cosa si intende per molestia e violenza sessuale sul luogo di lavoro? Si tratta di sguardi offensivi o provocatori, offese, proposte indecenti, ricatti sessuali o vere e proprie aggressioni fisiche o tentate tali?

    La Convenzione OIL definisce “violenza e molestie” nel mondo del lavoro l’insieme di pratiche e di comportamenti inaccettabili, o la minaccia di porli in essere, sia in un’unica occasione, sia ripetutamente, che si prefiggano, causino o possano comportare un danno fisico, psicologico, sessuale o economico. La Convenzione riconosce inoltre che le molestie e la violenza nel mondo del lavoro «possono costituire una violazione o un abuso dei diritti umani, sono una minaccia per le pari opportunità, sono inaccettabili e incompatibili con il lavoro dignitoso».

    Secondo la definizione che ne dà il D.Lgs. n. 145 del 2005, per molestia sessuale sul posto di lavoro si intende un qualsiasi comportamento di carattere sessuale, o fondato sull’appartenenza di genere, che, per una delle parti, risulti indesiderato, offendendo la persona nella sua dignità.

    La molestia, del resto, può concretizzarsi in semplici parole o gesti: si tratta spesso di insinuazioni e commenti equivoci sull’aspetto esteriore, di allusioni, osservazioni e barzellette sessiste sulle caratteristiche sessuali, sul comportamento sessuale e sull’orientamento sessuale di donne e uomini, di esposizione di materiale pornografico nel luogo di lavoro, di inviti indesiderati con un chiaro intento sessuale, di avances abbinate alla promessa di vantaggi e benefit o alla minaccia di svantaggi, o addirittura di contatti fisici, anche sfuggevoli, indesiderati. In casi più rari, ma ahinoi non isolati, sul lavoro si verificano veri e propri atti sessuali (violenza), il più delle volte con coazione sessuale (cd. “violenza carnale”). Peraltro, vi rientrano anche quelle condotte che si verifichino in occasione o in connessione con il lavoro, o che scaturiscano dallo stesso; vanno, dunque, perseguite non solo le violenze e le molestie realizzate sul posto di lavoro, ma anche quelle subite durante spostamenti o trasferte, durante la formazione, gli eventi o le attività sociali correlate, e così gli spostamenti per recarsi al lavoro e per il rientro a casa.

    Recentemente, nel gennaio del 2021, il nostro Paese ha ratificato la convenzione OIL n. 190 con la Legge n. 4/2021, con l’obiettivo di combattere la violenza e le molestie nel mondo del lavoro: in base alla lettera della norma, dal novembre 2022 – data della sua entrata in vigore –, il datore di lavoro e il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) devono esaminare e fronteggiare – finalmente – anche il rischio di violenza e molestie (anche di genere), esattamente come ogni altro rischio connesso all’espletamento dell’attività lavorativa.

    Tuttavia, la ratifica della Convenzione non è sufficiente: richiede infatti che ciascuno Stato contraente si impegni ad adottare leggi e regolamenti che definiscano, proibiscano, contrastino e prevengano la violenza e le molestie nel mondo del lavoro. E, a oggi, il diritto penale italiano non prevede una fattispecie specifica per le molestie sessuali, neppure per quelle che si verificano in ambito lavorativo. Finora, a seconda dei casi, i comportamenti sessualmente molesti o non sono stati riconosciuti o sono stati ricondotti ad altre fattispecie di reatio talvolta è stato riconosciuto integrato il delitto di violenza sessuale, di cui all’art. 609 bis c.p., ma solo nei casi più gravi; talaltra, comportamenti molesti sessualmente sono stati derubricati a mera violenza privata. Tra le due fattispecie esiste un vero e proprio vulnus legislativo, un limbo in cui si cerca di districare, esercitando il proprio potere interpretativo – spesso contrastante –, la Giurisprudenza.

    Tra le modifiche legislative che lo scorso governo non era riuscito a portare a termine, c’era proprio l’introduzione nel nostro codice penale del reato di molestia sessuale e dell’aggravante di molestia sessuale compiuta sul luogo di lavoro. L’approvazione del testo-base è stata bloccata – e la sua discussione arenata – da una corrente dell’opposizione.

    Ora, la senatrice Valente, presidente della commissione femminicidio nella precedente legislatura, ha presentato un nuovo disegno di legge: si intitola “Disposizioni volte al contrasto delle molestie sessuali e delle molestie sessuali sui luoghi di lavoro” e si prefigge di introdurre nel codice penale il reato specifico di molestie sessuali grazie a un nuovo articolo, il 609 ter.1. Prevede di punire, con la reclusione da due a quattro anni, «chiunque, con minacce, atti o comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, in forma verbale o gestuale, reca a taluno molestie o disturbo violando la dignità della persona». In modo più severo, è previsto che sia punito chi pratica tali comportamenti all’interno dell’ambiente di lavoro.

    La strada per l’approvazione della proposta di legge, tuttavia, è in salita. Ecco perché, nell’attuale contesto sociale e normativo, è essenziale per le aziende italiane impegnarsi concretamente nell’attenzione al Diversity e mettere in campo da subito azioni atte a far emergere e arginare il fenomeno, che incide assai negativamente, oltre che sulla dignità personale di molte lavoratrici e lavoratori e sui rapporti interpersonali sul lavoro, anche sull’organizzazione e la produttività aziendale (e sulla reputazione dell’impresa).

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