Formazione esperienziale: l’importanza dello “spazio” in cui le attività vengono svolte

  • 27 Giugno 2022

    Formazione esperienziale: l’importanza dello “spazio” in cui le attività vengono svolte

    By Alessandro De Chellis, Business Partner A.Q.A Network

    Il mondo della formazione è evoluto e continua ad evolvere sempre più verso modalità e tecniche nuove di trasmissione della  conoscenza con lo scopo di  creare momenti di condivisione efficaci (che si tratti di hard skills o di soft skill).

    L’epoca dell’aula classica, con proiezione di slides ed un formatore che parla ininterrottamente ad una platea che lo ascolta è quasi del tutto tramontata; ciò non significa che non venga più adottata in assoluto. Questo modo di fare formazione, infatti, ha manifestato, nel tempo, i suoi limiti nella capacità di apprendimento da parte dei discenti. 

    Gli studi che si sono sviluppati nel tempo legati al settore della formazione, della sociologia e della psicologia dei gruppi, nonché le esperienze derivanti dall’applicazione pratica delle scoperte effettuate, hanno via via definito una nuova veste di docente, il quale da formatore si tramuta nella figura del “facilitatore”: colui che, all’interno di un processo di apprendimento, conduce e facilita le riflessioni, gli spunti, l’emergere di criticità e delle relative soluzioni attraverso un ruolo non “centrale” ma, apparentemente, defilato rispetto al gruppo.

    In questo ambito assume un’enorme importanza la progettazione dell’attività formativa nella sua interezza, perché il facilitatore deve preparare il “campo” nel quale i partecipanti agiranno sia per la massima riuscita dell’evento sia per consentire a sé stesso di poter gestire l’evento in maniera efficace.

    Del “campo” fanno sicuramente parte diversi elementi quali:

    • gli strumenti di facilitazione che si vorranno utilizzare;
    • i giochi e le attività con cui si vorranno condurre le attività da realizzare;
    • il ritmo che si vorrà dare all’attività e, di conseguenza, la gestione del tempo;
    • lo spazio nel quale si vorrà far lavorare i partecipanti.

    Soffermandosi a riflettere sull’ultimo punto, cioè lo spazio, la prima cosa da annotare è che troppo spesso questo dettaglio viene sottovalutato o comunque non pienamente gestito (o gestito in maniera marginale rispetto ad altri aspetti). Così ci si può ritrovare in ambienti troppo piccoli per tutte le attività che si vogliono fare, rumorosi, con interferenze esterne che impattano sulla profondità delle attività.

    Il facilitatore, pertanto, nel preparare l’evento dovrebbe, se possibile, visitare lo spazio prescelto, osservarlo, farlo suo e visualizzare come e dove le attività possono essere realizzate.

    In questo senso, avere uno spazio aperto è certamente un plus anche se è fondamentale tenere in considerazione alcuni aspetti sia potenzianti sia critici.

    Tra gli aspetti potenzianti troviamo:

    • il contatto con un ambiente naturale, laddove la location fosse all’aperto e specificatamente in un ambiente naturalistico fortemente impattante (parco, bosco, montagna, isola). Il contatto con la natura, lo stare in un contesto totalmente differente da quello abituale (che potrebbe invece riprodursi utilizzando un’aula tradizionale perché vicina ai canoni dei normali uffici) può consentire alla persona di uscire completamente dai suoi schemi, visivi e percettivi. La natura, inoltre, ha degli effetti benefici da tanti punti di vista. Rilassamento, riduzione dello spazio personale “mentale/razionale” in favore di uno  più “sensoriale”. Tutto questo può rappresentare un boost fortissimo per l’attività che si vuole realizzare;
    • la mobilità, data dal movimento che il lavorare in uno spazio aperto consente di avere. Il consentire ai partecipanti di muoversi, spostarsi da uno spazio all’altro riduce l’effetto “noia”, dovuto allo stare per ore in posizione fissa, ed incrementa le capacità cognitive della persona grazie all’attivazione di tutto il corpo e, nello specifico, dell’emisfero destro del cervello.

    Tra quelli più critici troviamo:

    • rumorosità, se lo spazio è frequentato da altre persone che sono lì non per questioni legate all’evento formativo. Questo accade spesso se si utilizzano giardini, parchi pubblici o comunque aree di pubblico accesso. Il non considerare questo elemento può depotenziare l’attività inserendo rumori ed elementi di disturbo che possono sviare il livello di attenzione e concentrazione delle persone;
    • privacy, come per il punto sopra, se si decide di utilizzare degli ambienti aperti ad altri è necessario capire come bilanciare le attività. Se queste ultime prevedono, ad esempio, momenti di condivisione profonda o meditazione si potrebbe creare un forte depotenziamento laddove non ci sia un ambiente che favorisca il raccoglimento e il rispetto dello spazio privato di ogni partecipante;
    • senso di vergogna, laddove si chiedesse ai partecipanti di fare delle attività che li portano a mettersi “in gioco”, ad uscire dai propri schemi mentali. Qualora questo avvenisse in un luogo ove persone terze possono osservare quello che avviene, senza che questo rientri nell’attività progettata e senza che il facilitatore possa evitarlo, potrebbe inibire i partecipanti stessi con effetti negativi sull’attività complessiva.

    Questi pochi punti, riportati in sintesi, e come elementi rappresentativi di tanti altri ancora, possono sembrare distanti da quanto un formatore dovrebbe preoccuparsi di gestire nella progettazione di un evento formativo ma rappresentano, invece, dei pilastri imprescindibili.

    Questo perché l’attività formativa, non più pensata nell’approccio tradizionale di tipo  top-down, è l’interazione di individui che mettono loro stessi in quello che stanno facendo. Per tale ragione è fondamentale mettere le persone nella migliore condizione possibile di potersi esprimere.

    Come si è visto, lo “spazio” su cui si progetta e sviluppa un’attività formativa è un elemento fondamentale da valutare da parte del facilitatore in fase di progettazione.

    E’ realmente il luogo (fisico e non) su cui si muoverà il facilitatore e su cui farà muovere le persone che sono coinvolte nel processo, dandosi dunque la possibilità di rendere l’evento un qualcosa di veramente profondo, coinvolgente e arricchente per i partecipanti.

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