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19 Novembre 2019
Conflitto di interessi
by Felice Bacco, Business Partner A.Q.A. Network
Una delle più evidenti barriere all’entrata per i soggetti che voglio investire capitali in Italia è l’intricato groviglio di conflitti di interesse che si è sedimentato negli apparati pubblici ed industriali che hanno notato un processo di managerializzazione impropria. Quando il rapporto tra soggetto economico e soggetto amministrativo perde un rapporto virtuoso di controllo e stimolo, possono scattare situazioni nelle quali decadono i presupposti per una reciproca fiducia.
Ad aggiornare l’interpretazione sulle condizioni affinché si sviluppi una diligente e proficua gestione delle società di capitali a gestione non meramente famigliare è intervenuta recentemente l’Alta Corte che ha apportato un interessante delucidazione su un caso specifico in grado sciogliere molti dubbi.
Con sentenza n. 14899 del 31/05/2019, la terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ha affrontato il tema del conflitto di interessi nell’ambito di un contratto concluso tra una s.r.l. e la persona fisica che di questa società era sia socio unico che legale rappresentante in virtù anche della carica di amministratore unico.
La disposizione che regola la fattispecie è quella porzione dell’art. 1395 del codice civile secondo cui “E’ annullabile il contratto che il rappresentante [amministratore unico della s.r.l.] conclude con se stesso, in proprio [persona fisica], a meno che il rappresentato [s.r.l.] lo abbia autorizzato specificatamente…”.
Sosteneva allora il ricorrente “…che la sussistenza di specifica autorizzazione della società rappresentata poteva desumersi dalla stessa conclusione dell’affare, in quanto concluso nel momento in cui egli era socio unico della società medesima…[sicchè]…era l’unico soggetto che poteva esprimere, a pieno diritto, la volontà della società, volontà che è stata espressa per fatti concludenti”, ovvero implicitamente.
Il Supremo Collegio non ha però condiviso questa impostazione, sostenendo che “…la specifica autorizzazione del rappresentato alla conclusione del contratto – richiesta dall’art. 1395 cod. civ. al fine di superare la presunzione del conflitto di interessi ed escludere l’altrimenti conseguente annullabilità del contratto — non può desumersi per implicito dal fatto che il rappresentante fosse anche socio unico della società rappresentata”: infatti, “Nell’ipotesi di società di capitali unipersonale tale interesse rimane, anche a tutela dei terzi creditori, ben distinguibile da quello del socio, che in quanto anche amministratore agisca in nome e per conto della prima”.
Ed allora, conclude la sentenza, “Deve invero ritenersi pur sempre necessario il rispetto degli adempimenti formali (in particolare la formalizzazione di delibera assembleare [autorizzativa]) volti a garantire e consentire di verificare, eventualmente anche ex post, una volta ricostituita la pluralità della compagine sociale ovvero una volta che muti la persona del socio unico, che l’affare sia stato concluso nella distinzione dei centri d’interesse” ovvero, appunto, in assenza di conflitto di interessi.
Il network A.Q.A. con il suo team di esperti di uomini d’azienda vuole evitare ogni situazione che disperda energie da indirizzare al business e tutelare le compagini sociali attraverso azioni di efficientamento e progetti per la gestione dei conflitti.
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