Circle Economy: Greta e i primati degli Italiani

  • 17 Giugno 2019

    Circle Economy: Greta e i primati degli Italiani

    By Giampietro Zanon, business partner A.Q.A. Network

    Ci siamo chiesti, senza peraltro trovare risposta, se Greta Thunberg, è al corrente dei primati che l’Italia vanta, o meglio potrebbe vantare, in fatto di transizione al modello dell’economia circolare.

    Greta Thunberg è la nuova Giovanna d’Arco dei giovani ambientalisti che ogni venerdì fanno lo sciopero globale contro l’inquinamento del pianeta, e la sua figura è stata in grado in poco tempo di rappresentare il tema in modo quanto mai carismatico. I suoi 16 anni non le hanno impedito di ritagliarsi uno spazio fra i grandi del pianeta, né l’hanno preservata da critiche feroci. Una su tutte, il titolo sulla prima pagina di Libero del 18 aprile 2019 “Vieni avanti Gretina. La Rompiballe va dal Papa”. Impressionante la capacità del quotidiano diretto da Pietro Senaldi e Vittorio Feltri di arrivare ai limiti dell’insulto.

    Ma ugualmente impressionante è il modo in cui passa sotto silenzio la posizione di assoluta eccellenza dell’Italia in fatto di “recupero, riutilizzo, riduzione”: la nostra classe politica, sempre pronta a creare bandiere da agitare con la propaganda, non ha mai messo in evidenza la capacità degli Italiani di recuperare risorse dai propri scarti in modo tanto efficiente da essere leader in Europa nella transizione al modello dell’economia circolare.

    Proprio così: l’Italia è ai primi posti nell’economia delle 3 R: recupero, riutilizzo e riduzione. Il Belpaese è un passo avanti gli altri nell’abbattimento dei fattori inquinanti e nella riduzione del consumo delle materie prime del pianeta. Giusto per fare un esempio, siamo al primo posto in Europa (e al terzo nel mondo), nel riciclo di prodotti in alluminio, le “banali” lattine e scatolette di tutti i giorni.

    In questo modo, le piccole azioni quotidiane di ciascuno di noi danno vita a un grande fenomeno economico generale. D’altronde, i numeri parlano chiaro: secondo i dati di Symbola, una delle organizzazioni che analizzano le eccellenze italiane, il fatturato delle imprese italiane attive nell’economia circolare ammonta a circa 88 miliardi di euro l’anno, con quasi 600mila addetti occupati. Una fra le voci più importanti è rappresentata dai consorzi di riciclo dei rifiuti di imballaggio, che ogni anno riciclano il 67,5% dei rifiuti raccolti.

    L’eccellenza che deriva, però, dalle opzioni fatte da ogni cittadino si scontra con una carente risposta politica: le decisioni in materia di inceneritori e termovalorizzatori, l’anello finale mancante per dare seguito effettivo alle scelte virtuose dei cittadini, latitano da tempo.

    E questo è un vero peccato, perché sono ormai più di 20 anni che l’Europa sta affinando le regole e indica obiettivi sempre più rigorosi di riciclo partendo dai princìpi delle cosiddette «Tre R»: Riutilizzo, Riciclo e Recupero. Ma l’economia circolare non prende spunto dal “fine vita” di un oggetto, per quanto complesso esso sia. Al contrario, economia circolare significa prima di tutto un cambiamento nel modo di pensare la relazione tra la produzione e il consumo: gli oggetti vengono progettati tenendo a mente il loro ciclo di vita, dal concept alla produzione al loro utilizzo fino al sistema di recupero dei materiali. Ed è per questo che le città sono definite talvolta “miniere urbane”: il recupero delle componenti di computer, o di uno smartphone, consente di estrarre dai microchip oro, argento e altri metalli rari e preziosi, di cui i primi produttori sono Stati Uniti, Russia e Cina.

    Forse non ce ne rendiamo ancora conto, ma le nostre semplici azioni di smaltimento e recupero intelligente, un po’ alla volta, sottraggono qualcosa allo strapotere degli oligopoli delle materie prime, Anche questa è, in fin dei conti, una forma di globalizzazione… che parte dal basso però.

    La definizione di politiche industriale che puntino all’eco-compatibilità nostre produzioni è da sempre uno dei tratti distintivi dei consulenti del Network A.Q.A che notano come la sensibilità ambientale sia un valore aggiunto apprezzato oggi anche dal pubblico dei consumatori. È fondamentale che le nostre imprese proseguono nella politica di ricerca della qualità anche sul fronte del rispetto di una visione green si da potersi certificare ed anticipare la legislazione ambientale oggetto di continua revisione.

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