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17 Giugno 2019
Ciak si gira ! ll colore nascosto delle cose
By Jointly, business partner A.Q.A. Network
Il colore nascosto delle cose è un film di Silvio Soldini del 2017 e come tutti i film di Soldini si presta a discutere in aula su temi complessi di vita organizzativa che si intrecciano con le vite personali.
Emma è una donna volitiva e incapace di arrendersi dall’età di sedici anni, e cioè da quando ha perso la vista e per guardare ha dovuto ricorrere all’immaginazione. Emma ama il rosso, è forte, autoironica, risolta e autonoma. Sul sentiero dei sentimenti si lascia guidare dall’istinto, mentre fuori di casa si affida a un bastone bianco da ripiegare e mettere in borsetta , una specie di mappa per esplorare luoghi sconosciuti. Fa l’osteopata e incontra Teo.
Teo, è l’altra faccia: è l’attenzione alle apparenze e alle immagini patinate di uno spot pubblicitario, è l’evanescenza, la superficialità sentimentale e, almeno sulle prime, l’assenza. Il personaggio rapito dai tablet sempre accesi e dei telefonini che squillano ininterrottamente fa un salto nel buio aprendosi al bisogno di accudire. Per Teo è un percorso lento con il suo desiderio dii essere dalla parte giusta e il suo voler essere la fotografia di una quotidianità, si prende i suoi tempi.
Le loro vite totalmente diverse e il modo opposto di affrontare il mondo li travolgeranno e li cambieranno per sempre.
Dagli schermi all’aula
Il tema della disabilità è centrale in questo film, non tanto perché Emma è non vedente , ma in quanto pone dubbi e interrogativi che permettono di affrontare i problemi da punti di vista opposti, rimuovendo atteggiamenti radicati che sembrano inamovibili.
C’è la capacità di resilienza e di trovare sempre la motivazione da parte di Emma, anche nei momenti più difficili, ma anche la capacità di cambiare e non fossilizzarsi sui propri principi e sulle proprie regole da parte di Teo. Emma apprenderà da Teo la sua femminilità e ad essere donna senza paura e a riprendersi il suo ruolo. Teo riuscirà a mitigare la sua sicurezza e a “rompere” gli stereotipi della mascolinità e non essere afflitto dall’”autismo tecnologico”, ma a guardare negli occhi la persona che gli sta accanto.
Appare preponderante il ruolo di chi sta accanto ad un disabile, sia esso caregiver o familiare, di come debba saper ascoltare e comprendere, ma anche fa riflettere sul proprio modo di essere e di rapportarsi con gli altri nei luoghi di lavoro e nella vita e di come sia necessario sempre aprirsi agli altri.
Inoltre indispensabile per un disabile, ma direi per tutti coloro che lavorano, essere valorizzato per le sue capacità e inserito a pieno titolo nelle organizzazioni.
Prevale su tutto la vision e la capacità immaginativa, strumenti indispensabili perchè servono a “colorare” la vita, le aziende e la società e a trovare il senso e il colore nascosto delle cose.
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