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14 Maggio 2018
Parità retributiva, l’Europa detta l’agenda 2018-2019: si parte dagli stereotipi. I vantaggi? Di tutti (non sono per tutte).
By Alessia Tuselli, partner A.Q.A. Network
“Nessuna economia può raggiungere il suo massimo potenziale senza un coinvolgimento pieno delle donne e degli uomini“. Il commento è di Kristalina Georgieva, Chief Executive Officer della Banca Mondiale.
Identificare gli ostacoli alla piena partecipazione delle donne in economia è fondamentale per intervenire attraverso le politiche, non solo per arginare gli effetti di tali ostacoli, ma soprattutto per impedirne la formazione in futuro.
Negli ultimi anni, diverse sono le indagini internazionali che, attraverso prospettive multiple di analisi, guardano alla questione genere/ lavoro/ economia, punto nodale in ottica socio-economica per riuscire a pensare ad un’economia sostenibile e dai vantaggi diffusi. L’obiettivo è capire, dati alla mano, dove siamo arrivati e dove stiamo andando in termini di pari opportunità di genere, a partire dal lavoro.
L’Unione Europea è particolarmente attenta a questo aspetto negli indirizzi politici: è di qualche giorno fa il parere del Comitato economico e sociale europeo (CESE) che appoggia gli sforzi della Commissione europea per ridurre il divario retributivo di genere nell’Unione (assestatosi al valore medio del 16%).
Le azioni poste in essere per il raggiungimento dell’obiettivo, valevoli per il biennio 2017-2019 (“Piano d’azione dell’UE per il 2017-2019 – Affrontare il problema del divario retributivo di genere”) si articolano secondo indirizzi precisi:
- iniziative volte a portare alla luce disuguaglianze e stereotipi;
- lotta alla segregazione occupazionale;
- valorizzazione delle competenze delle donne, soprattutto nei settori con maggiori retribuzioni (scienze, tecnologia, trasporti, edilizia ad esempio);
- applicazione consapevole del principio di parità retributiva, attraverso la formazione e l’informazione delle parti sociali riguardo al divario retributivo di genere;
Il parere del CESE affronta in maniera puntuale il primo e l’ultimo punto, che vanno considerati interconnessi: la denuncia, di disuguaglianze e stereotipi (sociali), situati nel tempo e nello spazio, è legata alla formazione e all’informazione, in ottica di prevenzione, delle parti sociali, aziende incluse. Il fine è la consapevolezza: rispetto a temi quali parità retributiva, pari opportunità di carriera, lotta alla segregazione occupazione.
L’obiettivo è, appunto, l’applicazione consapevole del principio di parità retributiva, accogliere gli indirizzi politici, o proporne all’interno dell’azienda stessa partendo però dalla comprensione del vantaggio diffuso di certe azioni.
Il Comitato economico e sociale europeo, inoltre, pone un orizzonte temporale entro il quale è necessario cogliere i frutti delle azioni della Commissione europea. «Se constateremo una situazione di stallo, se non vi saranno miglioramenti entro la fine del 2019, avremo bisogno di misure più vincolanti. Potremmo quindi raccomandare alla Commissione di proporre misure legislative e non legislative, che prevedano incentivi, sì, ma anche sanzioni»
Una dichiarazione ferma, che sottolinea l’importanza attribuita alle pari opportunità di genere in ambito europeo, per un miglioramento diffuso in economia.
In questo senso, le aziende non possono tirarsi indietro: l’obiettivo è comune, la partecipazione sostanziale, i vantaggi indiscussi il cambiamento accolto e sostenuto, da un punto di vista interno ed esterno, per le persone e nelle persone.
Per questo motivo investire in formazione in ambito aziendale sui temi della diversity può essere il punto di svolta, una responsabilità collettiva che genera vantaggio collettivo. Parità retributiva, denuncia di stereotipi e discriminazioni sono il punto di arrivo di un processo di consapevolezza, che prima viene avviato e prima darà i suoi frutti.
I servizi di A.Q.A. Network comprendono corsi di formazione di educazione alle differenze: le pari opportunità entrano in azienda come opportunità condivisa.
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